La battuta con cui Fabio Missaggia ha annunciato il secondo e ultimo bis del concerto inaugurale del festival ”Spazio & Musica”, giunto alla ventiseiesima edizione, è sintomatica oltre che divertente. “Ci salutiamo con un po’ di Vivaldi hard rock”, ha detto il violinista vicentino, e insieme al suo ensemble I Musicali Affetti ha attaccato a spron battuto, con spiccata energia espressiva, il primo movimento del Concerto per archi RV 109.
Su come e perché varie correnti musicali della modernità – non le avanguardie accademiche – in qualche modo abbiano trovato nel “prete rosso” e in generale nella musica dell’era barocca un punto di riferimento, si potrebbe discutere a lungo. Sembra assodato, però, che nessuno stile musicale del passato conosca oggi il grado di attenzione e di predilezione da parte del pubblico di cui gode il Barocco. Usciti felicemente dagli iniziali radicalismi di quella che qualcuno mezzo secolo fa aveva definito “guerra civile della musica” – cioè l’avvento della cosiddetta “prassi esecutiva” filologicamente connotata – autori come Vivaldi, o Bach o Handel, appartengono oggi al gusto di un pubblico trasversale, che ascolta il pop, il rock (appunto) o il jazz , e che per quanto riguarda i tempi andati, si scopre più vicino al Seicento o al primo Settecento, che non al Classicismo o al Romanticismo. Merito di un paio di generazioni di interpreti straordinari, a loro volta causa ed effetto di un rinnovato movimento formativo di altissimo livello, a cui si deve la riesumazione esecutiva di pagine che fino alla metà del secolo scorso sembravano definitivamente destinate agli archivi. E la riscoperta di autori che altrimenti sarebbero rimasti relegati nelle pagine dei manuali di storia della musica.
A Vicenza e nel Veneto, con notevoli ramificazioni in tutta Europa, Missaggia è ormai da tempo uno dei protagonisti di questo movimento, sia sul piano didattico (al Conservatorio Pedrollo) sia su quello esecutivo, con una vasta attività come solista e come “violino di concerto” del gruppo strumentale che ha fondato in anni lontani, i citati Musicali Affetti, che oggi si definiscono anche “orchestra barocca del Veneto”. In questa attività rientra anche il festival “Spazio & Musica” che da oltre un quarto di secolo non solo offre sempre interessanti incursioni nella musica strumentale e vocale da camera del Seicento e del primo Settecento, ma parimenti porta nella città del Palladio alcuni fra i migliori interpreti di questa musica.
Così è accaduto anche domenica sera, quando il concerto inaugurale – come sempre al teatro Olimpico – ha visto protagonista il flautista Luigi Lupo, solista al “traversiere” nella Suite n. 2 di Sebastian Bach e nel Concerto in Sol maggiore per flauto e archi RV 436 di Vivaldi. L’eleganza e la dolcezza del suono di Lupo sono sembrate della “dimensione” ideale per lo spazio palladiano; affascinante il suo virtuosismo in agilità, specialmente nell’esuberante scrittura del “prete rosso”, ma anche in alcune delle danze alla francese di Bach (compresa la trascinante Badinerie che chiude la Suite n. 2); impeccabile e coinvolgente anche sul piano espressivo la sottigliezza dell’approccio stilistico, con le variazioni nei “da capo” e il dialogo ben strutturato con il gruppo degli archi. Un’esecuzione squisitamente barocca, insomma, da delibare all’ascolto immergendosi in dettagli cangianti e mai scontati.

Il programma, del resto offriva gemme anche meno note delle pagine citate. Come il Concerto di Telemann per tre violini di concertino e archi, una pagina che sembra sintetizzare il rigore strumentale tedesco con la fantasia tipica dello stile italiano. E che nel Largo centrale offre squarci cantabili e quasi una sorta di meditazione in dialogo fra i tre strumenti solisti di inattesa forza poetica. Impeccabili nel rendere questa sofisticata scrittura, insieme a Missaggia, i violinisti Rossella Croce e Matteo Zanatto, che hanno curato il suono con sorvegliata forza espressiva e suggestiva qualità timbrica.
In chiusura è stato proposto il vivaldiano Concerto per archi in sol minore RV 156, in un’esecuzione che nel primo movimento addita preliminarmente il basso ostinato sopra il quale gli archi ricamano poi le loro trine sonore, svelando e rendendo elemento fondamentale la struttura che sorregge il fascino dell’invenzione.
Applausi convinti e doppio bis. Prima del vivaldiano “hard rock”, una bella pagina bachiana con flauto dolce e archi, introduzione strumentale di una Cantata scritta nel 1714 a Weimar. Il festival Spazio & Musica, intitolato “Da Magellano a Bach – Un viaggio al centro della musica” proseguirà fino al 13 novembre con sette concerti in luoghi monumentali come palazzo Leoni Montanari, palazzo Chiericati, l’Oratorio di San Nicola, il tempio di Santa Corona. Fra gli autori, oltre ai tre della serata inaugurale, anche Monteverdi, Albinoni, Caldara, Handel, Platti, Pfeiffer, Schaffrath. Conclusione con “Elcano, Magellano e Pigafetta – Musiche dell’avventura”, affidato all’ensemble Accademia del Piacere, diretta dal gambista Fahmi Alqhai: un’incursione nella musica cinquecentesca spagnola.