Alla ventisettesima edizione, l’aria di già annunciati imminenti cambiamenti, qualche intoppo organizzativo più o meno nella norma (ma risolto non esattamente secondo la prassi corrente) e qualche scelta esecutiva inedita (e talvolta sorprendente) hanno caratterizzato il festival di András Schiff al teatro Olimpico di Vicenza.
Prima che la musica diventasse protagonista, il pianista anglo-ungherese, intervistato da Gregorio Moppi per Robinson di Repubblica, aveva raccontato di avere deciso lo scioglimento dell’orchestra da lui creata all’inizio del secolo, la Cappella Andrea Barca (trasparente il riferimento personale nel nome di fantasia, traduzione in italiano del suo). La chiusura avverrà l’anno prossimo, si suppone dopo l’edizione 2026 della rassegna. Questioni anagrafiche, è stata la spiegazione (piuttosto riduttiva) di una scelta che a partire dal 2027 cambierà radicalmente il festival vicentino, riportandolo peraltro alle origini, quando il sottotitolo di “Omaggio a Palladio” era “András Schiff e i suoi amici”, a indicare una rassegna pianistica “rinforzata” con musica da camera ad organici variabili. La chiusura dell’eccellente formazione strumentale internazionale, che a lungo ha suonato a Vicenza in esclusiva italiana, è una brutta notizia, che ne porta con sé un’altra: la probabile esclusione dal festival della vicentina Schola San Rocco di Francesco Erle, negli anni scorsi valorosa co-protagonista corale di tante proposte di musica sacra per grande organico vocale-strumentale. Dall’altro lato, si può forse sperare che Schiff torni a frequentare con più assiduità il pianoforte solo, spesso trascurato da almeno un decennio a questa parte.
Alla vigilia del via, invece, è giunta la notizia del forfait del soprano Alina Wunderlin, che doveva essere fra i protagonisti vocali nell’Oratorio mozartiano Davide penitente, in programma nella Basilica paleocristiana di San Felice. Scelta programmatica singolarmente a ricalco della proposta dell’anno scorso, quand’era stata eseguita l’incompiuta Messa in Do minore K. 427: l’Oratorio ne riprende infatti quasi integralmente la musica, salvo l’aggiunta di due Arie scritte per l’occasione. Normalmente, in casi del genere si provvede a ingaggiare un sostituto, ma non è stato questo l’avviso di Schiff, evidentemente non disposto a rimpiazzi dell’ultima ora. Il Davide penitente è stato quindi cancellato, sostituito da una scelta di pagine per pianoforte solo del Salisburghese, un “mezzo recital” di sicuro impatto espressivo e stilistico, basato com’era su tre pagine drammatiche e intense nel comune ricorso al modo minore: la Fantasia in Do minore K. 475, l’Adagio in Si minore K. 540 e la Sonata in Do minore K. 457: un’affascinante incursione nel “lato oscuro” del compositore.

Al momento del concerto in San Felice era già passata agli archivi la serata inaugurale all’Olimpico, tutta dedicata a Schubert, contraddistinta da non poche sorprese e da qualche intoppo extra-musicale. Schiff aveva annunciato che il concerto avrebbe visto protagonista – nella Sonata in Sol maggiore D. 894 e nel ciclo di Lieder Die Schöne Müllerin – il suo fortepiano di epoca schubertiana Joseph Brodmann, ma senza alcun annuncio la Sonata è stata invece proposta sul maestoso pianoforte Bösendorfer personale dell’interprete, peraltro meraviglioso strumento. Qualche disorientamento ha causato nel pubblico anche il fatto che Schiff ha anteposto senza annuncio e senza soluzione di continuità alla Sonata due pagine pure schubertiane, a mo’ di fuori programma anticipato o di annuncio del “clima” musicale del pezzo principale: l’Allegretto D. 915 e la Melodia ungherese D. 817. Qualcosa del genere, del resto, sarebbe accaduta anche la sera seguente, quando le pagine mozartiane sono state precedute dall’Aria delle bachiane Variazioni Goldberg.
Due giorni dopo il primo concerto all’Olimpico, peraltro, il Corriere del Veneto informava del fatto che Schiff aveva lamentato l’eccessivo rumore del nuovo impianto di illuminazione a led del teatro palladiano, impianto acquistato dal Comune proprietario per sostituire quello vetusto e inadeguato risalente a molti decenni fa, con una spesa di 130 mila euro. Il problema di messa a punto non doveva essere di così facile soluzione, se per le altre due serate all’Olimpico gli organizzatori della Società del Quartetto hanno provveduto a noleggiare proiettori mobili posizionati sul palcoscenico. E chissà se e quando i responsabili dell’Amministrazione comunale faranno il punto con l’azienda fornitrice del nuovo impianto, visto che l’uso dell’Olimpico come luogo di spettacolo (in misura maggioritaria musicale) è preponderante dalla primavera all’autunno. Gli organizzatori non hanno confermato, invece, che la scelta dell’ultimo momento da parte di Schiff di eseguire la Sonata di Schubert al pianoforte e non al fortepiano sia stata determinata da questi problemi tecnici. Ma la questione appare quanto meno una concausa.
Dato conto della vasta gamma di note cronistiche intorno al festival, qualche annotazione sugli eventi musicali. Il programma di questa edizione era dedicato a Schubert, Mozart e Mendelssohn. La vetrina più ampia e articolata è stata quella per l’autore viennese, con la proposta di musica per solo pianoforte, per voce e piano, per orchestra. Il clou la prima sera, con Die Schöne Müllerin, il poetico ciclo liederistico affidato alla voce elegante e controllatissima, ma straordinariamente ricca di sfumature, di uno specialista come il tenore Julian Prégardien, la cui voce è risultata in fascinoso equilibro con il suono fascinosamente ambrato e ricco di sfumature del fortepiano Brodmann. Quanto alla Sonata in Sol maggiore è stata proposta da Schiff con forte carica introspettiva in tempi pensosi, talvolta allentati a sottolineare il continuo rimuginare della scrittura schubertiana, e magnifica profondità espressiva nel suono del pianoforte Bösendorfer. Approccio non dissimile il pianista ha avuto al cospetto delle pagine mozartiane durante la seconda serata (in questo caso il pianoforte era un Fabbrini): specialmente nella Sonata K. 457 e nella Fantasia K. 475, il gesto esecutivo era improntato a una drammaticità interiore di grande rigore stilistico ma anche di forte tensione espressiva, dagli echi teatrali evidenti quanto ricondotti alla purezza timbrica di un suono sempre pensato e soppesato con sapiente.
“Privata” dell’Oratorio Davide penitente, la Schola San Rocco di Francesco Erle ha avuto comunque modo di farsi apprezzare: a San Felice per la compatta resa del Salmo 42 di Mendelssohn, esecuzione sontuosa e coinvolgente, fino all’impeccabile precisione, compattezza e ricchezza di colore della grande Fuga che suggella questa pagina ammirevole; all’Olimpico nel breve e poetico Salmo 43 per voci femminili e pianoforte, che ha esaltato la qualità delle voci alte della formazione corale vicentina.
Il versante cameristico del programma è stato l’occasione di una raffinata “combinazione”, all’ultima serata, nel nome di Mendelssohn. Il magnifico Quartetto per archi op. 13 è stato infatti preceduto dal Lied Ist es wahr (il primo dell’op. 9 – mezzosoprano Erna Nikolovska), il cui tema risuona anche nel primo e nell’ultimo movimento del Quartetto, capolavoro dei 18 anni del compositore tedesco e omaggio a Beethoven, scomparso nel 1827, pochi mesi prima della stesura di queste pagine. Raffinata qualità strumentale e piena adesione stilistica hanno dimostrato i violinisti Erich Höbarth e Susanne Mathé, il violista Hariolf Schlichtig e la violoncellista Xenia Jankovic.
Quanto all’orchestra, nella penultima serata la Cappella Andrea Barca ha affiancato Schiff in una nitida, estroversa esecuzione del mozartiano Concerto K. 271, che il pianista ha cesellato offrendo la dimostrazione di come la brillantezza possa essere nutrita di pensosa partecipazione senza perdere la sua luce. Gran finale con la monumentale Sinfonia in Do maggiore, detta “La Grande”, di Schubert, in esemplare resa strumentale e magnifico equilibrio nonostante la singolare disposizione degli strumenti a fiato voluta da Schiff, che ha collocato tutti i “legni” a semicerchio intorno al podio. Esecuzione integrale, con tutti i ritornelli, per oltre un’ora di musica. Inevitabile un po’ di tristezza al pensiero che fra un anno – salvo ripensamenti oggi non prevedibili – questa orchestra chiuderà i battenti.
Ad ogni serata, pubblico da tutto esaurito e consensi caldissimi.