Concerti

Sciarrino, il Novello Perseo ha un cuore antico

Al Teatro Olimpico di Vicenza, nell'ambito del 78° Ciclo di Spettacoli Classici, l'opera presentata a Stoccarda nel 1991, per voci e live electronics (affidati ad Alvise Vidolin e Paolo Zavagna), è stata eseguita in forma di concerto. Attesa parzialmente delusa per le tre "aggiunte" strumentali composte dall'autore siciliano su commissione dell'Orchestra di Padova e del Veneto (qui diretta da Marco Angius): le parti sono risultate ridotte e scarsamente influenti sul tessuto sonoro sintetico. Buona la prova dei cantanti, eccellente quella di Eleonora Benetti nella parte di Andromeda

La rivisitazione della mitologia classica è presente nel teatro musicale di Salvatore Sciarrino fin dalla sua prima prova, Amore e psiche, che risale a oltre 50 anni fa (Milano, Piccola Scala, 2 marzo 1973). È un’adesione culturale, etica, spirituale, che spesso assume le caratteristiche del “ritorno” e postula una totalizzante concezione della drammaturgia. Il settantottenne compositore siciliano metteva a fuoco questa “appartenenza” nel 2010, a proposito di Superflumina, che pure non pertiene direttamente alle drammaturgie mitologiche: «Ho spesso scritto sulla necessità della catastrofe in teatro, che scuota l’esistenza per ottenere lo svelamento ultimo. Non la doglia che partorisca il terribile dei libri sacri, con cui una volta Dio si sarebbe manifestato in modo spettacolare: l’umano senza morte e rinascita cosmica. Privi di futuro, se il non senso ancora sconvolge la coscienza di ognuno, non si dovrebbe instaurare fra noi una più profonda fratellanza, fuori dalle appartenenze di fede?». E colpisce la profetica consapevolezza di quello che oggi sta accadendo ovunque nel mondo e che 15 anni fa non era facile “antivedere”.

Negli ultimi tempi, dopo un percorso contrassegnato da pagine fondamentali per la Nuova Musica, sempre all’insegna di profonde riletture dell’umano (la “firma sonora” di Sciarrino, come la definisce il critico musicale americano Alex Ross), la linea mitologico-classicistica nel teatro di Sciarrino sembra avere assunto un ruolo preponderante: del 2019 sono le “Scene da Eschilo” intitolate Il canto si attrista; al maggio 2023 risale la prima rappresentazione all’Opera di Amburgo di Adone e Venere, attesa alla Fenice alla fine di giugno dell’anno prossimo, per le cure della bacchetta rassicurante di Kent Nagano; infine, nel cuore della saga degli Atridi condurrà L’Agamennone, il cui debutto assoluto è in calendario all’Opera di Berna il 30 maggio 2026.

Di questo percorso fa parte anche Perseo e Andromeda: la versione originale per quattro voci e “suoni di sintesi in tempo reale” (ovvero, live electronics come si dice comunemente) fu rappresentata per la prima volta nel gennaio del 1991 all’Opera di Stoccarda, dopo una gestazione che aveva visto anche un passaggio a Gibellina. Trent’anni sono molto più di una generazione, parlando di musica del nostro tempo: sono quasi un’era geologica, pensando a quello che è nato ed è tramontato ed è cambiato nel mondo della musica cosiddetta colta tra la fine del XX secolo e il primo quarto del XXI, fra la definitiva eclissi del radicalismo nella Seconda Avanguardia e la molteplicità stilistica che ne è seguita. E fra l’altro, non è privo di significato che nella sua versione originale quest’opera costituisca uno dei non frequenti accostamenti di Sciarrino al mondo dei suoni sintetici. Così come è significativo che negli ultimi mesi il compositore abbia accettato di riprendere in mano quel lavoro e vi abbia aggiunto tre “Margini” per orchestra, rispondendo così alla commissione giuntagli dall’Orchestra di Padova e del Veneto guidata da Marco Angius, il direttore italiano più attento alla musica del nostro tempo.

Ne è nato Il novello Perseo, che ha avuto la sua prima esecuzione l’altra sera al Teatro Olimpico di Vicenza, nell’ambito del 78° Ciclo di spettacoli classici.

L’utilizzo della tecnologia elettronica in tempo reale da parte di Sciarrino costituiva, fra gli anni Ottanta e i Novanta, un esperimento volto a delineare una contestualizzazione drammaturgica della rappresentazione e insieme il suo superamento. Le onde, il vento, la tempesta e gli stessi echi del combattimento fra l’Eroe e il Drago, così come l’incessante rumore dei sassi che il mostro spezza per farne gioco da offrire ad Andromeda, sono delineati con suoni spazializzati e rifratti di chiara suggestione descrittiva. Essi servono a disegnare una sorta di scenografia sonora e allo stesso tempo realizzano un contesto espressivo fedele allo stile del musicista: rarefatto, evocativo, metaforico, riflessivo e allusivo. Molta acqua è passata da allora sotto ai ponti dell’elettronica nella musica (l’imminente Biennale Musica  di Venezia vorrebbe far capire lo stato delle cose): ascoltare oggi Alvise Vidolin (regia del suono) e Paolo Zavagna (live electronics) ripercorrere all’Olimpico quello “scenario” musicale ha il valore di un recupero storico utile a comprendere la sostanziale inattualità di un linguaggio tuttavia fascinoso nella sua aspirazione a costruire scene in pari misura “naturalistiche” e portatrici di una classicità arcaica e coinvolgente.

Quanto ai “Margini” strumentali scritti quest’anno, sono parsi al primo ascolto più che altro appunti: sintetici schizzi, tuttavia in grado di richiamare efficacemente – nel difficile dialogo con i suoni sintetici – la citata caratteristica “firma sonora” di Sciarrino. La quale, piuttosto, afferma pienamente la sua ricchezza nella scrittura vocale, specialmente quella protagonistica assoluta di Andromeda: una linea di affascinante libertà (anche armonica), che non esclude la melodia ma la supera nella libertà espressiva, utilizzando madrigalismi e coloratura, declamato e recitativo con una libertà e una pregnanza drammatica esemplari.

Come accade spesso nel teatro musicale del compositore siciliano, la drammaturgia è legata a una mediazione letteraria sofisticata, in questo caso con uno dei racconti mitologici del prediletto scrittore simbolista Jules Laforgue, utilizzato come fonte anche per un altro lavoro capitale destinato alla scena, Lohengrin (1983-84). Il rovesciamento della mitologia (Andromeda si trova bene con il Drago e anche quando quest’ultimo viene ucciso da Perseo sceglie di restare sull’isola, mozartianamente cantando “Dove sono i bei momenti?”) difficilmente si poteva cogliere nell’esecuzione vicentina, che è stata in tutto e per tutto una proposta in forma di concerto, peraltro non dichiarata in locandina. Niente regia, niente costumi, luci schematiche (oscurità quasi completa, chiarore; statue della “frons scenae” al buio oppure illuminate; un cielo rosso sopra le vie di Tebe quando Perseo realizza la sua mattanza). Nessun utilizzo del videomapping che esperienze recenti hanno chiarito essere una risorsa importante per l’Olimpico, teatro come si sa inadatto a quasi tutto, compresa un’opera legata al mito classico come questa. Cantanti fermi al leggio: unici gesti, accensione e spegnimento delle lampade, al limite azionamento del diapason, supporto necessario perché la scrittura vocale di Sciarrino è decisamente complessa nel suo fulgore.

Musicalmente, tuttavia, esecuzione egregia. Orchestra di Padova accorta e sensibile nei suoi brevi interventi; Angius preciso e lucido nel coordinamento fra tutte le parti, compagnia di canto assai concentrata ed efficace. Una magnifica Andromeda per colore, padronanza tecnica e consapevolezza stilistica è stata Eleonora Benetti; al suo fianco, convincente anche l’umanissimo Drago di Arianna Lanci e il tronfio Perseo in vocalità doppia realizzato da Paolo Leonardi e Giacomo Pieracci.

L’evento era promosso dall’Accademia Olimpica di Vicenza e dalla Scuola di Ingegneria dell’Università di Padova, in collaborazione con il benemerito Centro di Sonologia Computazionale padovano e con i Conservatori di Vicenza e di Venezia. Durante l’esecuzione, notata qualche defezione da parte del pubblico. Alla fine, accoglienze molto cordiali specialmente per Sciarrino, che solo dopo qualche resistenza si è lasciato convincere a presentarsi in scena.

Foto @ Roberto De Biasio – Fondazione TCVI

Eleonora Benetti ha cantato la complessa parte di Andromeda nel “Novello Perseo” di Salvatore Sciarrino
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